Le dichiarazione di Pippo Marani riguardo la sicurezza nel DH e la direzione che sta prendendo, ha fatto parlare nell’ambiente (vedi qui l’articolo). Abbiamo fatto un recap della tappa italiana di Coppa del Mondo in Val di Sole (qui tutti i report cross country e downhill) tornando sull’argomento Black Snake, i giovani “con il ciuffo” (come li chiama Pippo), l’evoluzione dei tracciati, l’UCI/Discovery e gli Italiani. Spazio al podcast.
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Ecco qui una parte, in formato testuale, del Recap di Pippo Marani.
DAVIDE FINETTO – Come è andata in Val di Sole?
PIERPAOLO MARANI – Tutto bene, Sabato ho fatto un andate ritorno pesante: 4 di mattina partenza e 10 di sera a casa. Ma dovevo.
Dovevi? Perché dovevi?
Dovevo perché la Black Snake è stata cambiata radicalmente, non è più quella pista…oddio, allora il tecnico è rimasto ma non è più quello che c’era una volta diciamo. Quando tracciavo io, tenevo tutto dentro, pietre, radici e quant’altro. Ho detto cambiata radicalmente perché hanno tolto tutto: pietre, radici, hanno creato un tracciato di quelli che chiamano “moderni”. La nuova era, tracciati molto molto veloci, super super spettacolari (dicono per la TV) dove si rischia tanto tanto.
Ma alla fine penso sia tutto un seguire l’evoluzione dei mezzi: i tracciati si stanno evolvendo assieme alle bici. Cosa ne pensi?
Secondo me con le bici attuali è normale che la sicurezza vada un po’ limitandosi perché si, danno più sicurezza ma portano velocità molto più alte: si cade meno ma quando si cade sono dolori. I giovani attuali, che hanno il dono dell’incoscienza, come tutti abbiamo avuto a 19 anni, con queste bici volano. Quest’anno in Val di Sole hanno toccato i 60/65km/h, mai successo. Secondo me va bene sì la modernità ma sicuramente dovrebbero anche avere un occhio di riguardo alla sicurezza, anche se in Val di Sole non mancava niente sotto questo aspetto. Però tu mi insegni che, se hai 70 l’ora pigli una pianta, non è che ci rimane poi tanto anche se hai le protezioni.

Ma in quella famosa Val di Sole “versione Sam Hill” del 2008, ti ricordi quale era il picco di velocità?
Il picco di velocità quell’anno è stato di 62km/h ma era in un tratto lungo 100m, dove avevamo riempito di materassi perché lo reputavamo un tratto critico. Però poi il resto del tracciato era molto più lento in confronto. Nella Black Snake 2023, non c’erano particolari parti tecniche: c’era tanta sabbia perché purtroppo non ha piovuto, non ha compattato, c’erano altri problemi, però la velocità era tanta.
Però abbiamo vinto un percorso diverso da Leogand e Lenzerheide.
Assolutamente sì, particolarmente diversi. Leogang e Lenzerheide hanno preso velocità prossime ai 80km/h con rettilinei da fare mano sulle manopole. C’è un cambiamento radicale, Davide, io questo l’ho notato, è palpabile, la gara è stata molto fredda. Ti posso dire per me è stata anonima: io mi guardavo gente scendere ma non vedevo delle cose particolari. Sì, non mancavano emozioni ma solo se uno si incartava o sbagliava una curva, è mancato quell’agonismo da parte del pubblico che ti tiene li e ti dice:”guarda quello dove è passato, guarda che linea”. Tutti passavano su un binario unico e il primo che è arrivato giù ha vinto. Non so se mi hai capito. Ma se siamo arrivati agli 80km/h nel bosco, dove cazzo vogliamo andare? Hai capito? Non è che hai più margine, attenzione, se tu sei nel tecnico hai del margine, ma se sei già lì agli 80 l’ora dove devi arrivare?
Secondo me è un po’ il problema di tutti gli sport quando diventano molto professionali, che si perde un po’ la magia, cosa voglio dire? DH anni 2000: tutti, diciamolo brutalmente, erano a bersi una birra finita la gara e c’era molta più creatività, pazzaia, e non c’era esasperazione.
Sì d’accordo, c’era un mondo più “vogliamoci bene” ma ogni generazione ha avuto la sua storia, ci mancherebbe. Io sono per il cambiamento, attenzione, però tu devi far vedere le qualità del rider, non solo farli sembrare delle cavallette sulle pietre, fare grandi salti, cioè quello è tecnica, però devi far vedere come guida un rider in discesa, sennò paradossalmente il cross country è diventata la downhill e la downhill è diventata il cross country, cioè cosa voglio dire? I cross country viaggiavano sul pari, se tu andavi a vedere quest’anno il percorso della Val di Sole a tratti sembrava una pista da DH e, viceversa, la DH a volte sembrava fin troppo gommata con linee pulite e dritte per dritte. Fabien Barel è stato il primo a portare il professionismo nella DH e da lì è cambiato tutto e questo è successo nel 2005 quando abbiamo organizzato i campionati europei su in Val di Sole. Cosa vuol dire? Si allenavano, hanno smesso di bere o perlomeno bevano meno. Non fraintendetemi: non è un mondo di ubriaconi ma una birretta non si negava. Ora a fine gara molti atleti cercano il recupero, giustamente, con integratori o altro. C’è stato tutto un cambiamento. Il mondo cambia, però ripeto, io da parte mia che sono della vecchia scuola, vorrei solo che in questi percorsi veloci ci fossero 1-2 sessioni dove ci sia della tecnica pura, allora puoi fare un bel mix, ma se rimane un giù dritto per dritto non va bene.

Hai avuto modo di parlare di queste cose con qualcuno che conta?
Si, io ho avuto modo di parlare con Chris Ball, l’attuale capo dell’UCI, responsabile di tutto quello che si fa ora. Chris Ball ha lavorato con me i 5 anni su In Val di Sole come responsabile UCI e insieme ci siamo praticamente scambiati le varie esperienze. Lui era un Master quindi è cresciuto con il tempo e si faceva influenzare molto dai suoi amici inglesi e invece con me trovava sempre dei muri. Paradossalmente condivide con me il mio pensiero, lui dice sì, anche la tecnica, però papale e papale mi ha riferito che la moda del momento è questa, attenzione, non l’esigenza, la moda del momento. E noi dobbiamo seguirla nel limite del possibile: velocità e spettacolo. I ragazzi col ciuffo, i giovani biker moderni, sono nati in Bike Park ed è normale proporre tracciati con queste caratteristiche.
Io sono ritenuto il vecchio, ho sempre criticato tutti e tutto, però penso che poi alla fine tutto torna, cioè nel senso che parliamo delle stesse cose, in modo diverso però parliamo delle stesse cose e questo a me fa solo piacere perché evidentemente non dico poi solo delle cazzate.
Giusto per creare un sunto sull’edizione di quest’anno? Ti è piaciuta?
Assolutamente si, mi è piaciuta, perché finalmente dopo cinque anni sono riusciti a dare un’altra impronta alla pista. Cioè la pista ne aveva bisogno, ma già quando c’ero io ne aveva bisogno di fare degli interventi. Per cui complimenti gli organizzatori, hanno fatto un grandissimo lavoro, un ottimo lavoro per quelle che sono, ripeto, le esigenze del momento dettate anche da queste direttive (UCI/Discovery). L’organizzazione è qualcosa di mai visto: avranno più di 100 persone che tracciano il percorso, attenzione, sotto la visione di Cristian Vender, colui che gestisce il park qui in Val di Sole.

Tantissime telecamera, due droni, mai vista tanta roba in un bosco e credimi che io ho visto nascere tutta questa evoluzione qua, perché i primi anni c’era veramente chi correva con le telecamere a piedi per seguire i rider. La gara in sè non ho visto tanta gente, non c’era quel full di gente che ci sono stati negli anni, nonostante leggo da tutte le parti che c’è molto interesse per questa disciplina (il DH), però una volta che vengono in Italia non è stato seguito bene secondo me dal pubblico. Poi ieri hai visto il cross country? C’era il mondo.
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