
Abbiamo deciso di scoprire un angolo particolare dell’alto Piemonte, una terra di mezzo che sale dal lago Maggiore e si protrae verso l’Ossola e le sue alte montagne. Un territorio suggestivo che nei millenni è stato scelto da druidi, sciamani e sacerdoti come area di culto e dal fascino mistico.
Noi abbiamo deciso di raggiungere il Faiè, vetta inconfondibile che fa da balcone naturale fra lago di Mergozzo e lago Maggiore, una porta d’ingresso verso la val Grande, parco naturale con un cuore selvaggio unico in Italia. A seconda della voglia di fatica si può incominciare a pedalare direttamente da Fondotoce oppure optare per una partenza easy: alpe Ompio. La pigrizia ci ha invasi e abbiamo optato per questa seconda possibilità.

Questo tour può essere visto come una tappa di avvicinamento al cicloalpinismo. Ci sono tutti gli ingredienti necessari per una vera avventura, ma in dosi alla portata di molti. Sono poco più di 400 i metri di dislivello da superare per raggiungere la vetta, troveremo single track pedalabili, tratti più trialistici, momenti dove il 52 sarà un prezioso alleato e poi il portage, croce di ogni biker, ma spesso obbligatorio per raggiungere la vetta, ammirare il panorama e godere di discese uniche e indimenticabili. Trasportare in spalla 14 kg di bici fra sassi e ripidi sentieri è oggettivamente una penitenza, quasi un modo per espiare la lussuria che ci pervade durante la discesa, un modo per guadagnarci le emozioni che alcuni trail di montagna regalano, fra panorami, flou inventati, rock garden e quell’improvvisazione che solo qui si può trovare.
Alla fine si arriva in vetta. Il panorama è di quelli importanti. Noi abbiamo avuto anche un po’ di fortuna, partendo in uno di quei giorni quando ha appena smesso di piovere, l’aria ancora umida e la nebbiolina lasciata dal vapor acqueo che avvolge tutto donando un aurea di mistero; poi lentamente il cielo si apre, il sole arriva e allora ti accorgi di quello che ha i attorno, capisci perché le popolazioni che hanno vissuto in queste terre nei millenni precedenti hanno eletto questo luogo a terreno scaro. L’eremita ce c’è in te ti chiede a gran voce di non scendere più, ma poi vincerà il biker…
L’area è ricca di trace storiche, coppelle votive, un cerchio di sassi che gli studiosi datano a più di 5000 anni fa, e poi cappellette e segni del passaggio dell’uomo che qui ha trovato il suo angolo di paradiso, uno di quei posti in cui sentirsi più vicini agli dei che nei secoli hanno attraversato la nostra coscienza. Come sempre dopo attimi di estasi e momenti di meritato relax arriva magic moment, quel attimo per cui vale la pena faticare e sudare… il panino con la nutella. Il gusto del pane e nutella è unico in montagna, tutti i cibi sono più buoni in questi luoghi, il pane e salame del rifugio, la polenta con il brasato e qualsiasi cosa sia commestibile, dopo la fatica dell’ascesa ha un sapore diverso. Sarà la stanchezza, l’adrenalina del momento, la pace dei sensi o l’aria più fresca; ma mangiare i quota è un esperienza che va assaporata con gusto.

Ok, abbiamo scherzato un po’, ma solo fino ad un certo punto. Ci si prepara per la discesa, il vero momento centrale della giornata. Lasciamo stare giri di parole, questa discesa è fantastica, tornerò sicuramente altre volte, magari salendo da posti diversi, ma di qui devo scendere ancora, ancora e ancora. Si parte con una faggeta pulita, con un terreno che sembra pongo, dove i tasselli si aggrappano e la bici resta li, non un sbandata o un cenno di insicurezza, curve in contropendenza, linee che devi decidere al momento e la fluidità che va ricercata con costanza.

E poi arriva il ripido, quello vero, dove all’andata il portage si è fatto più faticoso. Radici, curve strette, nose press e quella sana dose di incoscienza che ogni tanto fa bene, e che ti dice di mollare i freni, lasciare andare la bici e vedere cosa succede. Le linee sono infinite, qui sei tu che decidi dove passare, sperando in una traiettoria giusta, l’essenza del free ride, del girare libero. Bello, bello e ancora bello. Sia chiaro, come tutte le discese di questo genere vanno apprezzate con una bici adeguata, ma soprattutto con capacità fisiche e tecniche buone, perché bisogna avere esperienza, occhio nel leggere il terreno al volo e magari di interpretare e scegliere le linee già salendo, inoltre il Faiè è una meta anche per molti escursionisti, quindi è necessario saper controllare la bici anche per rassicurare i pedoni, evitare di investirli. Se mancano queste peculiarità quella che potrebbe essere una giornata indimenticabile si potrebbe trasformare in una brutta esperienza. Quindi attenzione prudenza.
Lasciamo questo alpe con la consapevolezza di aver trovato un posto da rivisitare, magari facendo coraggio e partendo dalla piana sottostante, perché in questo modo anche la discesa raddoppia, ma si vedrà, per adesso salutiamo il Faiè, i druidi, le radici e tutto quello che abbiamo incontrato in questa piccola avventura a cavallo della bici
Info:
Località: monte faiè, alpe Ompio. Piemonte, Provincia di Verbania
Per contatti: www.tagliaferri-mtbtraveler.com
Fotografo: Boriolo Gianni
