In questa primavera di gare sono stati messi in discussione alcuni punti fermi e una domanda si è fatta spazio nelle riflessioni birra dopo il giro: serve davvero avere una bici in carbonio?
Sicuramente questa domanda arriva alle persone che si guadagnano lo stipendio, non di certo a Gianni Versace. Spazio al video o continua leggendo la versione testuale.
A guardare le classifiche delle prime due tappe della Word Cup di DH, e in parte anche della prima EWS, la risposta potrebbe essere un secco no.

Nella tappa di Fort William, troviamo 3 rider con bici in alluminio nei primi 5 maschi mentre, nella gara femminile di Leogang, la sola Eleonora Farina ha un modello in carbonio nelle prime 5 posizioni. Scorrendo poi anche quelle dell’EWS di Tweed Valley, vedremo un giovane Vidal in nona posizione ed altri rider nella top ten.
Si potrebbe affermare che i pro rider internazionali sarebbero capaci di vincere anche con un graziella, ma la realtà è oramai molto diversa. I distacchi sempre più ristretti obbligano i rider a curare ogni dettaglio in modo maniacale; se pensiamo che i primi 4 di Fort Williams erano racchiusi in meno di un secondo, comprendiamo bene come non basti più il talento per emergere, ma servano una serie di fattori fisici e tecnici molto importanti. Cercando di unire questa considerazione con le classifiche, potremmo affermare che forse in alcune discipline il materiale con cui è costruito il telaio non sia così importante, ma contino altri aspetti legati alla ciclistica in generale.


Per volerla dire brutalmente, meglio una MTB in alluminio con forcella mono e ruote top piuttosto che un modello in carbonio con un allestimento inferiore.
Non facciamo di tutta l’erba un sentiero
Ma se questo discorso può valere per le discipline dove la componente di guida è molto importante, il discorso cambia se parliamo delle discipline “pedalatorie”. Nell’XC, ma ancora di più nelle marathon, l’elemento peso gioca un ruolo importante per cui, sulle lunghe salite di una Hero piuttosto che nei rilanci di un circuito di cross country, fra gli elementi da considerare per ottimizzare il risultato rientrino anche il peso delle masse in gioco.
Quindi, a parità di prestazioni, un componente più leggero può essere la migliore scelta.
C’è un però…
Ci piace però mettere una pulce nell’orecchio di qualche incallito del grammo. Infatti c’è un elemento da considerare anche in questo frangente e si chiama ‘su misura’: Un tempo le molte bici dei rider di alta classifica venivano di fatto costruite sulle esigenze e sulle misure antropometriche dell’atleta.


Questa possibilità è venuta meno con il carbonio. Anche nel mondo dorato della strada, le bici dei più illustri PRO sono di fatto telai di serie a cui si adattano sella, manubrio e pipa, per adattarli alle loro esigenze. Da questo punto di vista le possibilità offerte dalle leghe metalliche è proprio quella di disegnare il telaio partendo dal rider, fatto che potrebbe aiutare molto l’adattamento e la performance.
Da questo punto di vista in Italia siamo dei maestri. Ci mancano marchi in grado competere con i grandi brand internazionali, più per un aspetto economico che di competenze visto che vantiamo artigiani capaci di realizzare vere e proprie opere d’arte. Questo ci permetterebbe di fare bella figura anche al bar con il tizio con la bici da 10k: è solo una questione di cultura.


Ma noi amatori?
Il discorso fatto fino ad ora è valido per chi è alla ricerca della performance assoluta, ma per la maggior parte di noi questi discorsi servono solo a ordinare una birra in più alla fine di un giro. C’è però un discorso che invece ci dovrebbe trovare più attenti e sensibili, quello finanziario: una bici in carbonio costa molto di più di una in alluminio; a parità di allestimento possono ballare anche 1.500/2.000 euro.
Cifre di tutto rispetto, che dovrebbero far riflettere sulle opportunità di scelta; a meno che non siamo dei biker da aperitivo, che amano tenere la propria bella in salotto e sfoggiarla solo per mostrare quanto si è ricchi e fighi con la due ruote da 10k.

Purtroppo non tutti i marchi hanno un listino con le versioni in alluminio e allestimenti premium, questo è il problema maggiore, ma vale la pena cercare al meglio, perché come dimostrano i risultati di ‘quelli forti’, il carbonio non è poi così tanto meglio…..
Ma perchè ci sono tante Commmencal nella Word Cup di DH?
Verrebbe da dire perchè vanno più forte, ma invece il motivo potrebbe essere diverso e più serio. Il marchio di Andorra, come altri, ha scelto la strada della vendita via Web, azzerando di fatto la possibilità di fare promozione attraverso canali di vendita tradizionali, ovvero i negozianti che dando la bici all’atleta locale creano un meccanismo di identificazione.
Mancando questo elemento, i brand che si affidano alle vendite on line devono investire maggiormente nei team, aumentando la loro presenza. Questo però è un discorso che ci porterebbe ad ordinare un’altra birra, ma il giro in MTB è già finito da un paio d’ore e forse è meglio lasciarlo per un nuovo appuntamento.
Agli e-biker l’ardua sentenza.
