Un inverno atipico quello del nord ovest del paese. Poca neve e temperature al di sopra della media stagionale lo hanno trasformato in una stagione ibrida. Se dal punto di vista climatico e per la salute delle persone questo lungo periodi di siccità e bel tempo ha creato alcuni problemi, il rovescio della medaglia è che per noi biker si sono aperte opportunità che spesso ci son precluse. La possibilità di portare la due ruote su cime che solitamente possiamo vedere solo in estate e di assaporare il mood invernale laddove di solito la neve copre tutto. Un giro nell’alto Piemonte, balconi privilegiatiti da cui osservare i laghi e alle nostre spalle e i ghiaccia che hanno reso celebre questa terra. Due vette vicine. In linea d’aria l’una parla all’altra, ma con la bici l’impegno non è di poco conto.
La partenza di quest’avventura è da Quarna; come si suol dire in queste occasioni, ridente paesino disteso placidamente su un piccolo altipiano a 800 mt di dislivello e baciato dal sole. La storia di questo borgo, o meglio di questi borghi, è originale. Due paesi confinanti, Quarna sopra e Quarna sotto, una rivalità che nasce all’alba dei tempi e che ancora oggi impedisce di trovare un minimo comune denominatore per unire i due Comuni. Quarna è famosa per la musica, qui ha sede un delle più prestigiose aziende produttrici di sassofoni, i maggiori interpreti internazionali del jazz ambiscono a suonare uno degli strumenti che la famiglia Zolla produce ancora oggi in modo artigianale, pezzi sartoriali dove l’esperienza e la passione sanno creare veri gioielli dal suono inconfondibile.
Ok, dopo un breve viaggio fa le vie di questo paese dal sapore antico, dove la storia fatta di semplici gesti permea ogni muro, torniamo al nostro viaggio. La direzione è verso l’alpe Camasca, ultimo avamposto di civiltà. Un alpeggio seduto comodamente su un verde prato ad osservare il lago d’Orta. È possibile raggiungerlo attraverso la strada asfaltata, una lingua ripida che in mezzoretta circa ci porta ai piedi delle vette da esplorare, oppure attraverso una gippabile che attraversa faggeti e castagneti.
LE ASCESE
MONTE CROCE
Bando alle ciance, diciamo subito chiaramente che qui si parla di portage, di quello tosto e intenso. Sono circa 600 i metri di dislivello che ci separano dalla vetta, tratti molto ripidi, un passaggio sul lato nord dove il ghiaccio ci aspetta luccicante e un pratone infinito. Tu vedi la vetta e ti sembra di essere arrivato, poi inizi a salite e la croce posizionata in cima sembra spostarsi sempre un po’ più in là, una sensazione sconfortante rincuorata però dai panorami. I monti degradano attorno a noi fino a tuffarsi nel sottostante lago d’Orta mentre alzando lo sguardo il Rosa si erge maestoso e poi il Leone, il Weissmeis e tutti 4000 svizzeri. Qui ti senti piccolo e nello stesso ai la sensazione di dominare tutto, di abbracciare il paesaggio e la voglia che questa sensazione non finisca mai è forte. La neve c’è, anche se poca, il vento forte e la temperatura fredda (siamo comunque a 1700 circa) mi ricorda quanto scritto sul numero scorso riguardo all’abbigliamento per l’inverno, quindi via di antivento, su il cappuccio e per fortuna la situazione migliora. Queste sono le mie montagne, qui vengo da tempo, ma ogni volta che ci salgo mi sorprendo della bellezza del luogo, per chi abbia visto il film Il nome della Rosa tratto dal libro di Umberto Eco, l’immagine è somigliante alle colline del centro Italia che si vedono all’inizio della pellicola quando la voce fuori campo di un giovane Cristian Slater afferma’ giunto alla fine della vita di peccatore mi accingo a lasciar traccia di episodi mirabili…’ Bene, questi luoghi fanno strani affetti! Ma torniamo a noi, come avrete compreso il luogo a un fascino mistico intrinseco, il silenzio, la solitudine e gli ampi panorami catturano lo spirito. Ma prima o poi bisogna scendere.
La neve ancora presente sulla parete nord mi impedisce di prendere quella che è la discesa migliore, la più guidabile e divertente, quindi devo accingermi a rotolare a valle dal sentiero di massima pendenza. Qui trial, momenti di puro panico con la bici che nonne vuole sapere di arrestarsi sull’erba secca si uniscono a tratti di maggior divertimento, quindi se la discesa classica verso nord è un passeggiata difficile ma gaudente, quella di questa volta è tutt’altro che semplice da interpretare, ma il fascino della MTB è anche uscire sdalla confort zone e mettersi alla prova possibilmente portando a casa la pellaccia. Missione compiuta.
MAZZUCCONE, PER GLI AMICI L’AQUILA.
Scandendo per risalire. Una vetta più bassa, facilmente raggiungibile ma che dona panorami altrettanto incantati. Qui il portage si mischia con i colpi di pedale, due buone gambe, una trail bike e si sale pedalando, o meglio, ci si prova. Per chi invece abbraccia l’elettricità il discorso è più semplice. Comunque, scorci da paura, punti di vista diversi sul mondo che sotto di noi continua a muoversi e agitarsi frenetico e la sensazione di quiete che già ci aveva accolto sulla prima vetta. Il tempo di rimirare il creato, fare un giro a 360° per riempire la vista delle good vibration e poi si scende.
Questa è una bella P.S. enduristica, tantè che l’idea di organizzare un evento su questi pendii mi ronza in mente da un po’… vedremo se ci saranno le condizioni per farlo. Radici, ripide pietraie, poi pineta, un tornate con vista come ne ho visti pochi, poi pineta, lungo tratto dove far scatenare i cavalli e poi pinetona e via verso il sentiero Casanova: mai nome fu più appropriato. Il grande libertino e avventuriero di cui si conoscono le gesta grazie a libri e film viene rappresentato al meglio da questo trail, suadente e voluttuoso nella parte inziale, poca pendenza e delicate curve armoniose ne costruisco l’architettura inziale, poi di venta veloce e bizzarro ma sempre vellutato grazie agli aghi di pino che costituiscono il fondo.
Un single track che si presta a diverse variazioni, dove ognuno può liberamene interpretare traiettorie diverse. Come il personaggio veneziano ammaliava le sue prede, così questo tratto di bosco sa catturare i biker che ci si avventurano. Dopo questo lungo tuffo fra i sensi si torna Quarna, si passa vicino alla fabbrica di sax per terminare il viaggio nella piccola piazza del borgo montano.
per info:
Tagliaferri Marco
