Un’uscita di allenamento come tante si è trasformata in pochi istanti in un episodio gravissimo. Nella tarda mattinata di sabato 20 dicembre, lungo la statale 12 in Val d’Adige, all’altezza di Dolcè (Verona), un gruppo di giovani ciclisti della Sc Padovani Polo Cherry Bank è stato avvicinato da un’auto scura. Dal veicolo, il conducente ha esploso due colpi di pistola, con ogni probabilità a salve, indirizzati verso gli atleti, che per fortuna non sono stati colpiti.
Paura e raccolta delle testimonianze
I ragazzi, impegnati nel ritiro pre-natalizio e disposti correttamente in doppia fila, hanno avuto solo il tempo di chinarsi per lo spavento, mentre l’auto si allontanava subito dopo. Nessuno ha riportato ferite, ma l’impatto psicologico è stato pesante. La società ha immediatamente avviato la raccolta di testimonianze e materiale utile, lavorando con i propri legali per formalizzare la denuncia.
A descrivere lo stato d’animo del gruppo è il presidente della Sc Padovani, Galdino Peruzzo: «Siamo sollevati perché i ragazzi stanno bene, ma resta un episodio inquietante che non dovrebbe mai accadere». Peruzzo ribadisce come la sicurezza sia una priorità costante, pur riconoscendo i limiti di qualsiasi prevenzione: «La strada è il nostro campo di allenamento e facciamo tutto il possibile per tutelare gli atleti, ma davanti a gesti di pura follia è difficile proteggersi».
Il presidente allarga poi il discorso a un problema più generale di convivenza sulle strade: «Non è la prima volta. L’anno scorso un nostro ciclista è stato investito da un pirata della strada. Sappiamo che a volte i ciclisti possano dare fastidio, ma arrivare a sparare, anche se a salve, è qualcosa di inaccettabile».

Il racconto dei fatti
Entrando nel dettaglio, Peruzzo ricostruisce la dinamica e le conseguenze emotive: «Erano in sette, procedevano affiancati. Un’auto si è accostata e ha sparato due colpi. La strada era libera, senza traffico, non stavano ostacolando nessuno. I ragazzi sono sotto choc: bastava un attimo, un contatto minimo, e l’esito poteva essere drammatico». Lo spavento si è fatto sentire soprattutto dopo, una volta rientrati: «Al ritorno c’era molta tensione. È stato uno spavento serio».
Verso la denuncia
La denuncia, conferma il presidente, è ormai pronta e ci sono elementi concreti per risalire al responsabile: «Con i nostri legali abbiamo preparato tutto, i carabinieri ci hanno già contattato. Abbiamo la targa e le informazioni necessarie per identificarlo. Chi ha sparato forse pensava di farla franca, ma non è così».
La chiusura è anche un richiamo al rispetto reciproco: «C’è un clima di nervosismo crescente verso i ciclisti. Tutti dobbiamo fare la nostra parte, essere più ordinati e responsabili, ma episodi del genere non possono e non devono essere tollerati».
CONCLUSIONE
Non è più accettabile continuare a giustificare rabbia e stress di chi usa la strada. Se vogliamo parlare di crescita civile, è evidente che stiamo andando nella direzione opposta, come dimostrano sempre più spesso episodi di questo tipo. Quando si dice che “il mondo sta andando a rotoli” non è un’esagerazione: comportamenti come questo ne sono la prova. Serve un serio esame di coscienza. La fretta o qualunque altra scusa non possono diventare un alibi.
Nemmeno la presenza di una ciclabile può esserlo, visto che viene tirata in ballo anche dove non esiste o, nel migliore dei casi, è una ciclopedonale. E vale la pena chiarirlo: una ciclopedonale è uno spazio condiviso anche con i pedoni, che inevitabilmente finiscono per occupare la carreggiata. Eppure questo non porta i ciclisti a montare un clacson sul manubrio per suonare o insultare ogni qualvolta incontrano una famiglia che cammina serena in mezzo alla strada.

