In queste settimane ha fatto discutere la proposta del presidente del CAI Veneto, che vorrebbe escludere le MTB e le e-bike dai sentieri di montagna, limitandone l’uso alle sole strade bianche e alle carrarecce. Una presa di posizione che nasce dalla convinzione che le biciclette rovinino i tracciati e rappresentino un pericolo per l’incolumità di chi frequenta la montagna.
Si tratta però di un tema complesso, che merita di essere affrontato con attenzione e con uno sguardo più ampio di quello che può avere una singola realtà associativa.
Non solo CAI: la montagna è di tutti
La gestione dei sentieri non può dipendere soltanto dal CAI. Oggi in montagna operano tante realtà: associazioni di escursionisti, gruppi di volontari, squadre che si occupano di MTB e altri ancora che organizzano gare di trail running. Realtà diverse che, spesso, collaborano attivamente nella manutenzione dei tracciati e che hanno dimostrato come sia possibile trovare mediazioni e forme di convivenza.
È giusto discutere di regolamentazione, soprattutto nei periodi di maggiore affluenza, ma da qui a immaginare un divieto generalizzato per le MTB c’è molta distanza.


Cultura e sicurezza
C’è un aspetto culturale che non va trascurato: la MTB è nata sui single track, i sentieri stretti e tecnici fanno parte del suo DNA. Proporre di vietarli significa, di fatto, non conoscere il fenomeno che si vuole normare.

Anche la questione della sicurezza va riletta: obbligare tutte le bici a circolare solo su strade bianche significherebbe aumentare le velocità medie (fino a 30 km/h senza accorgersene), con conseguenti maggiori difficoltà di reazione e spazi d’arresto più lunghi. Al contrario, sui sentieri di montagna, la natura del terreno riduce le velocità e seleziona in modo naturale i praticanti più esperti, limitando di fatto i rischi.
Usura dei sentieri: chi è il vero responsabile?
L’argomento più usato contro le MTB è quello dell’usura dei sentieri. È vero che gli studi anglosassoni stimano un rapporto di circa 7 a 1 tra bici e pedoni, ma questo dato cambia a seconda del tipo di tracciato. Su sentieri scorrevoli e molto frequentati, il numero dei camminatori può avere un impatto persino superiore a quello delle bici.
In realtà, però, i veri nemici dei sentieri sono altri: la mancanza di manutenzione e gli agenti atmosferici. Acqua, neve, gelo e pascolo animale hanno un impatto decisamente maggiore rispetto al passaggio delle MTB o dei pedoni. Prima di puntare il dito su una sola categoria, bisognerebbe avere un quadro completo e aprire tavoli di confronto che coinvolgano tutti gli attori della montagna.
Il vero rischio per le terre alte
C’è un tema ancora più serio: quello dello spopolamento delle terre alte. Le proiezioni parlano chiaro: nei prossimi dieci anni molti borghi di alta quota rischiano di trasformarsi in paesi fantasma, vivi solo durante le vacanze.
In questo scenario, vietare pratiche come la MTB o l’e-bike significa rinunciare a opportunità di sviluppo e lavoro legate al turismo sostenibile e alla diversificazione dell’offerta in montagna.

Conclusione
I problemi esistono e non vanno ignorati: regolamentare l’uso dei sentieri è necessario, soprattutto nei periodi critici o dove mancano percorsi alternativi. Ma pensare a un divieto assoluto per le MTB significa perdere di vista la complessità del tema.
La sfida non è escludere qualcuno, ma costruire un modello di convivenza che tenga insieme escursionisti, bikers, runner e tutte le realtà che hanno a cuore la montagna. Perché la vera urgenza non è chiudere i sentieri, ma garantire che ci sia ancora una comunità viva pronta a prendersene cura.
