Negli ultimi mesi ho avuto modo di confrontarmi con diversi addetti ai lavori sul tema dello sviluppo della mountain bike, e in particolare sul ruolo che eventi estremi come la Red Bull Rampage giocano nella percezione del nostro sport. La domanda che è emersa è semplice solo in apparenza:
“La Rampage fa bene alla MTB?”
Si tratta di una questione complessa, che non riguarda solo gli incidenti avvenuti nell’edizione 2025 — comunque molto discussi — ma tocca l’identità stessa della MTB e il modo in cui viene percepita da praticanti, media e pubblico generalista.
Rampage: lo spettacolo che definisce un’intera disciplina
La Red Bull Rampage resta uno dei contest più spettacolari, estremi e tecnici del panorama sportivo mondiale. I rider affrontano linee costruite su scogliere di arenaria nello Utah, con drop giganteschi, velocità elevate e margini d’errore vicinissimi allo zero.
L’edizione 2025 non ha fatto eccezione. Oltre ai trick e alla creatività dei percorsi, l’evento ha riportato anche dinamiche molto pericolose e diversi incidenti significativi, tanto che alcuni commentatori hanno suggerito di ripensare la formula del contest per ridurre i rischi. Alcuni atleti hanno pubblicato aggiornamenti sui propri infortuni, contribuendo ad alimentare la discussione pubblica sulla sicurezza.
Tuttavia, la Rampage non è certo l’unico sport a portare l’atleta vicino al limite: basti pensare a Formula 1 e MotoGP, discipline che continuano ad affascinare proprio per la combinazione tra rischio, tecnica e controllo mentale.
L’effetto Rampage sull’immaginario collettivo della MTB
Il punto centrale del dibattito, però, non è la pericolosità intrinseca dell’evento, bensì l’impatto culturale che ha sulla percezione della MTB.
Molti ciclisti e operatori del settore temono che la Rampage contribuisca a diffondere un’immagine della MTB come sport da “pazzi spericolati”, popolato da persone che spendono quanto un monolocale per una bici e si lanciano da canyon da brivido. Una rappresentazione iperbolica, certo, ma che, amplificata dai social, rischia di sovrastare l’immagine più ampia e inclusiva della MTB come attività accessibile, salutare, varia, sostenibile e adatta a tanti livelli di pratica.
Il rischio è evidente:
l’eccesso di spettacolarizzazione potrebbe allontanare nuovi appassionati invece di avvicinarli.
Il nodo economico: un settore che vive un momento delicato
Il contesto attuale rende la questione ancora più sensibile. Nel post-boom pandemico, il settore sta affrontando:
prezzi elevatissimi per bici e componenti
stock eccessivi nei negozi
calo dell’interesse generale
rallentamento delle vendite
polarizzazione tra entry-level economici e top di gamma inaccessibili
Proprio perché il mercato è in una fase fragile, alcuni operatori temono che eventi percepiti come “elitarî” o “estremi” possano accentuare il distacco tra MTB “eroica” e MTB “reale”.
Allora la Rampage aiuta o danneggia la MTB? La risposta non è binaria
Analizzando i punti emersi nei confronti con gli addetti ai lavori, si delineano due visioni.
Perché la Rampage FA BENE alla MTB:
Attira l’attenzione dei media mainstream
Porta sponsor e investimenti
Funge da laboratorio di innovazione per geometrie, sospensioni e materiali
Crea un immaginario potente, capace di ispirare generazioni
Si inserisce nella tradizione freeride della MTB, che ne rappresenta l’anima originaria
Perché la Rampage può DANNEGGIARE la MTB:
Offre un’immagine distorta e poco rappresentativa del 99% della pratica quotidiana
Alimenta la percezione che la MTB sia per pochi temerari
Polarizza il settore in un momento in cui servirebbero messaggi inclusivi
Non mostra la MTB come strumento di benessere, turismo, socialità e scoperta del territorio
Spinge il marketing verso l’estremo, aumentando la pressione su costi e prodotti “da prestazione”
Conclusione: la Rampage deve restare, ma va contestualizzata
La Red Bull Rampage è un patrimonio culturale del mondo MTB. Va preservata e raccontata con cura. Non può — e non deve — essere eliminata o snaturata.
Ma allo stesso tempo è fondamentale che:
media, marchi e community ricordino che la Rampage rappresenta una nicchia, non la MTB nel suo complesso;
si promuovano eventi e contenuti inclusivi, dedicati a trail riding, enduro, XC, cicloturismo;
si rafforzi l’idea che la MTB è uno sport per tutti — non solo per chi vola giù da una scogliera;
si lavori per ridurre i costi e migliorare l’accessibilità, così da ampliarne la base di praticanti.
La MTB cresce davvero quando è capace di ispirare, ma anche di integrare.
E la Rampage, se inserita nel giusto contesto narrativo, può contribuire eccome a raccontare la bellezza e la complessità del nostro sport.




