Va sempre più di moda pulire i sentieri: sentiero pulito=più divertimento. Giusto. Ma poi si innesca sempre uno strano meccanismo che definirei ‘La patologia del Trail Builder non affermato’ e lì la domanda nasce spontanea:”ma chi c***o ti ha chiesto di pulire i sentieri?”. Andiamo a conoscere assieme tale teoria… e mi preparo alle minacce 🙂
Nel bel mentre che mi sto preparando a perdere vari amici e a ricevere minacce verbali, comincio a formulare la teoria del Trail Builder non affermato. Ho trovato la conferma di questa teoria in più location e, siccome ci saranno tanti Trail Builder che leggeranno, non sentiamoci (mi tiro dentro anch’io) tirati in causa se nel nostro profondo siamo puri e integri o spinti da sani ideali.
TEORIA DEL TRAIL BUILDER NON AFFERMATO
Proviamo a pensare ad un sentiero frequentato da una decina di anni sia in salita che in discesa. Un trail dove non c’è mai stato nessun tipo di problema. Un giorno decido di metterci mano pesantemente, invece di aprirne uno nuovo fatto bene con relativi permessi. Prendo quel trail perché è più semplice fare così: lo pulisco un po’, faccio piccole sponde a cazzum, qualche salto con rampa che scalcia più di un puledro in calore e automaticamente il sentiero diventa di mia proprietà, con tanto di autonomina (via social) a vietare di girare in determinate condizioni meteo o altro. Questa potrebbe essere una situazione limite ma, in modo meno plateale, si verifica spesso: quanti di voi si sentono additati perché non vanno magari a pulire ogni alto giorno determinati sentieri? E, una volta che si esce dal giro della pulizia sentieri, ecco che si perde automaticamente potere su quella zona:”ma cosa parli te che non vieni mai a pulire”, “vieni a girare con gli amici e ti ho visto solo una volta con la zappa in mano”… e la risposta viene spontanea:”ma chi c***o ti ha chiesto di pulire i sentieri?“
Magari io qui ci giravo già 20 anni fa, con le foglie e senza foglie, la manutenzione ordinaria l’ho sempre fatta per rendere praticabile il sentiero e non vedo il motivo, ora, di creare un’autostrada nel bosco usando il soffiatore ogni altro giorno e venirmi anche ad additare che non faccio questo. Il fatto di non togliere le foglie ogni altro giorno, comunque, preserva la naturale evoluzione del sentiero, salvandolo dalla continua erosione dettata dal fatto di essere sempre spoglio.
Con questo non voglio dire che non bisogna fare manutenzione ai sentieri (altrimenti mi starei auto-offendendo), ma che spesso ci sia un secondo fine (e un’esasperazione) alla pulizia e capita di trovare realtà che puliscono sentieri e poi lo rinfacciano in qualche modo o si autoproclamano (sui social e, indirettamente, sul campo):”padrini di tale area”. Un po’ come fare volontariato e poi pretendere che lo facciano anche gli altri.
Un fatto che mi ha convinto a scrivere questo editoriale è stato che l’altra sera, in un bar a tarda serata, un endurista (moto) mi ha detto:”saranno 15 anni che giro in moto, ho aperto tantissimi sentieri dove ora vedo molte bici da discesa girare. Faccio sempre attenzione ma mi è caduto il mondo addosso quando mi sono trovato davanti in un sentiero, che uso da anni e che ho aperto praticamente io 10 anni fa, una bella tabella con su scritto: vietate le moto!”. Non entro nel merito perché è innegabile che le moto facciano danno, specialmente in caso di piloti non esperti, però vi lascio questo dialogo per farvi capire che, aprendo un po’ la mente, si possono cogliere tante incongruenze e punti di vista diversi.
E riporto una risposta di Pippo Marani, IL re dei Trail Builder, a chi toglieva i sassi dai sentieri per cercare più flow: “gli scassati più ripidi e i passaggi estremi mettono in risalto le gesta tecniche /atletiche dei più forti e le differenze di prestazioni. Tutti bravi a farsi le foto “col whip” – mentre lo dice mima con fare grottesco la posa da whip – “su quelle piste tirate che sembrano biliardi. Questi nuovi bike park sono come gabbie per criceti…”
Con questo però non voglio tirare dalla mia parte Pippo Marani: lo tengo fuori da queste diatribe, era solo una sua dichiarazione che girava su internet.
E poi vogliamo mettere il continuo tabellare qualsiasi tipo di sentiero o tracciare con GPS anche i sassi? (ah no, i sassi spesso si tolgono o colorano)… Ma lo spirito d’avventura dove sta andando a finire se prima di partire posso vedere perfino in 3d la stanza dove mi fermerò a bere una birra? Ma su questo, e per eventuali insulti, vi do appuntamento nel prossimo editoriale.
