Corrado Herin (4 agosto 1966 – 31 marzo 2019) è stato uno slittinista e mountain biker italiano, specialista nel downhill. Fu medaglia di bronzo ai campionati del mondo di downhill nel 1994 e vincitore nella generale di world cup nel 1997.


Il destino è stato fatale con lui: il 31 Marzo 2019, perdeva la vita Corrado Herin, precipitato con il suo ultraleggero.
Non ho fatto in tempo a conoscerlo personalmente ma tutte le persone con cui parlo, me lo descrivono come una bellissima persona. Ecco di seguito il ricordo personale scritto da Paolo Codeluppi sul magazine 365mountainbike poco dopo lo spiacevole fatto. Paolo è stato fotografo e giornalista molto attivo nella mountain bike proprio negli anni in cui Corrado era uno dei migliori discesisti al mondo.
UNA GRANDE VACANZA
di Paolo Codeluppi
Era il 2000, l’ingresso in un nuovo millennio. Si parlava di leggende Inca, di millennium Bug e tutti noi eravamo ansiosi di essere depositari di questo passaggio sul contatore del nostro calendario. Quella particolare sensazione che scatta quando il contachilometri della moto passa i 100.000 o quando compi quarant’anni: e ti senti ne più ne meno uguale a prima o a dopo. Ma è così. E per non saper né leggere né scrivere (in realtà un pochino lo sapevamo fare), ci troviamo a Vail, a metà Luglio, per la quinta prova di Coppa del Mondo.
Anche l’Italia, di fronte allo strapotere dei Francesi, può comunque dire la sua. Ci troviamo in un bellissimo albergo non lontano dal campo da golf. Vail ci sembra un po’ magica, incontaminata ma nel contempo molto “americana”. Corrado è l’alfiere del Team Sintesi e al termine delle gare assieme alla sua ragazza, il suo meccanico e un mio collaboratore ci trasferiamo a Moab per realizzare un video, diventato storico, campagne e copertine per le riviste di casa nostra.
Il viaggio non è lungo, poco più di 400 km, ma vissuto molto in stile “on the road”.


Musica country, di quella con cui guideresti fino in capo al mondo e tanta energia dentro. A Mack, poco prima di entrare nello Utah, lasciamo la I-70 west per entrare nei film di John Wayne. Sono già stato a Moab un paio di volte ma come per tutti i grandi film, li rivedi volentieri. Il paesaggio cambia gradualmente e dalle conifere in stile alpino passiamo ad arbusti di Salsola (i famosi arbusti spinosi rotolanti del deserto americano) mentre la terra inizia a dipingersi di rosso.
A Cisco prendiamo la 128 South che si tuffa nell’alveo del Colorado. Intorno a noi arenaria rossa, le famose Navajo Sandstone, pareti di centinaia di metri verticali. Ormai eravamo nel sogno. Aspettavamo solo che sopra di noi, fra i nuvoloni bianchi, spuntassero delle piume a cavallo… Moab a Luglio è come entrare in un asciugacapelli acceso.
Si lavorava dalle 7 alle 9.30 e dalle 16.30 alle 20.30. Impossibile fare gli straordinari…


Lavorare significava scattare al cazzeggio, filmare e dare una mano a Corrado a portare su e giù la Sintesi Bazooka per le Slick Rocks, le incredibili dune pietrificate. Fu una settimana di sudore e bistecche. Un giorno Corrado prese un colpo di calore. Aveva un po’ di febbre e non stava in piedi. In paese scoppiò un incendio e la sera, mentre eravamo al ristorante, entrò la squadra dei vigili del fuoco sporchi e bruciacchiati accolti in tipico stile americano, come veri eroi. Corrado, vigile del Fuoco lui stesso, mi guarda e mi dice:”cazzo questi hanno appena domato le fiamme e sembrano usciti dall’inferno di cristallo. Se sanno che mi è venuta la febbre a fare due cagate in bici mi fanno un culo così…“
Furono giorni memorabili, in cui ci si prendeva in giro, ci si divertiva. In cui semplici persone come lui scrivevano un piccolo pezzo di storia di questo grande sport. A me non rimane che raccontarvelo affinché anche chi non lo ha conosciuto possa sentirne lo spirito. Non è buonismo o riconoscimento verso una persona scomparsa ma un legame profondo che va oltre la frequentazione quotidiana. Un valore inossidabile che appartiene a noi tutti e che tutti non dobbiamo mai dimenticare poiché nella vita il passato non torna. Voglio ricordarti così.
