Nei giorni scorsi ho avuto modo di fare un’interessante chiacchierata con Markus, figura storica del trail building di Plan de Corones. Dopo l’intervista a Edo Melchiori, ho voluto approfondire i temi legati alla gestione dei trail con chi si occupa di una delle località in più rapida crescita del nostro settore.
Quali sono le problematiche principali e come vengono affrontate? Lo abbiamo incontrato mentre era impegnato in un giro di perlustrazione per ripulire i trail dalla vegetazione.
Ciao Markus, raccontaci un po’ la tua storia: da dove nasce questa passione?
Ho iniziato nel 2010 come manutentore dei sentieri per conto della forestale. All’epoca mi occupavo di sentieri di alta montagna, sia per i pedoni che per la mountain bike, anche se il settore delle MTB non era sviluppato come lo è oggi. La mia passione per la bici mi ha portato a voler approfondire queste tematiche, spingendomi a frequentare corsi IMBA sia in Canada sia negli Stati Uniti.

Hai accennato alle due diverse tipologie di sentieri: quelli per pedoni e quelli per biker. Quali sono le differenze nella gestione?
Sono due mondi completamente diversi. Nei sentieri pedonali, la pendenza non è un fattore così determinante; curve strette, gradoni o tratti ripidi non rappresentano grossi problemi. Se c’è rischio di erosione, basta sitemare un po’ di sassi per ridurre i danni della pioggia.
Nei trail per MTB, invece, tutto cambia: bisogna prestare attenzione alle pendenze, al posizionamento dei sassi, ai raggi di curva, e curare ogni dettaglio per evitare che i biker siano costretti a frenare troppo. Le frenate eccessive scavano il terreno, causando erosione veloce. Anche i drenaggi devono essere progettati diversamente: un drenaggio piazzato come su un sentiero da trekking può causare problemi, come tagli alle coperture e quindi biker arrabbiati.
Parlavi della tua esperienza con IMBA: come riesci a coniugare le teorie apprese con le caratteristiche del tuo territorio?
Quando sono stato in Canada, ho notato che i pendii erano più dolci e c’era molto più spazio a disposizione: applicare le regole del “10%” di pendenza massima o creare linee molto lunghe era più semplice. Da noi, invece, abbiamo pendenze ripide, spazi limitati e una frammentazione della proprietà dei terreni: non possiamo tracciare trail dove vogliamo.
Abbiamo dovuto adattare le indicazioni dell’IMBA al nostro territorio: calcolare i drenaggi diversamente, contenere il terreno anche nei punti ripidi con rock garden che stabilizzano il fondo e aiutano a far scorrere l’acqua, oppure lasciare radici strategiche per migliorare la tenuta. Certo, le nostre linee risultano spesso più tecniche e meno “flowy” di quelle canadesi, ma è l’unica soluzione praticabile senza dover scavare un’intera montagna.
Dal 2010 ad oggi: com’è cambiato il mondo dei trail in questi 15 anni?
È cambiato tantissimo. Sono cambiati i mezzi: ora bici e sospensioni permettono di affrontare trail che prima erano appannaggio solo di rider esperti. I biker vanno più veloci e i numeri sono aumentati enormemente. Oggi vedo ragazzini di 10-12 anni scendere su trail complessi con grande sicurezza.
Sono cresciute le richieste di strutture come salti e passaggi più tecnici: c’è una parte di rider che cerca tracciati sempre più sfidanti. Allo stesso tempo, con l’arrivo delle e-bike, si è aperto un pubblico molto più ampio che chiede trail fluidi, facili e divertenti.
Il risultato? Le esigenze sono esplose e per noi trail builder c’è molto più lavoro, sia in fase di progettazione sia di manutenzione.


Proprio a proposito di manutenzione: come si progetta un trail per ridurre il lavoro di manutenzione futura?
È un aspetto cruciale e una delle differenze principali tra un trail builder professionista e un volontario. Quando progetti un trail, devi immaginare come si trasformerà con centinaia o migliaia di passaggi. Se la linea costringe i biker a frenare spesso, si formeranno buche e solchi in pochissimo tempo.
Per ridurre la manutenzione, è fondamentale disegnare curve, pendenze e drenaggi in modo che la bici scorra con meno frenate. Più il biker è fluido, meno impatto c’è sul terreno. Oltre a questo, bisogna gestire l’acqua nel modo giusto, perché l’erosione dell’acqua è uno dei principali nemici dei trail.



Immagino che anche tu abbia iniziato come volontario. Come cambia l’approccio quando si passa da volontario a professionista?
Esattamente: come tanti, ho iniziato per passione, ma quando questa passione diventa un lavoro, cambia tutto. Da volontario, pulisci e sistemi un trail per te stesso o per i tuoi amici, seguendo le tue sensazioni.
Come professionista, invece, devi considerare la gestione dell’acqua per ridurre l’erosione, progettare linee che permettano il massimo flow, ragionare in termini di sicurezza (alberi, rami, rocce in traiettoria) e confrontarti con la strategia turistica della località: capire se un trail debba rivolgersi ai principianti, alle famiglie o agli esperti. La chiave è ottimizzare la costruzione per garantire sostenibilità e sicurezza, riducendo al minimo la manutenzione necessaria.

Parlando di gestione territoriale: com’è il rapporto con i proprietari dei terreni e con le autorità?
Per noi è stato fondamentale costruire fin dall’inizio un ottimo rapporto. Ho sempre voluto incontrare di persona i proprietari per spiegare cosa avrei fatto e chiedere il loro consenso. Molti di loro lavorano nel settore turistico, quindi hanno capito subito le potenzialità del progetto.
Oggi vediamo i loro hotel, B&B o attività frequentati da biker attratti dai nostri trail. Questo ha creato una comunità coinvolta e favorevole. Inoltre, alcuni proprietari o i loro figli sono diventati biker o hanno partecipato ai nostri corsi: un aspetto che ha rafforzato la collaborazione e creato un clima positivo, essenziale per proseguire.
In conclusione
Le responsabilità di un trail builder sono molte e spesso sottovalutate: la progettazione e la manutenzione dei trail hanno un impatto diretto sulla sicurezza, sulla sostenibilità e sul successo turistico della località. Ma c’è un altro aspetto altrettanto fondamentale: il lavoro di tessitura sociale con la comunità. Markus ci ha fornito spunti preziosi che meritano un approfondimento futuro, perché dietro ogni trail di successo c’è un professionista capace non solo di scavare, ma di costruire relazioni.
