Ho ricevuto vari messaggi riferiti all’articolo ‘Enduro MTB Italiano: nell’agonismo è tempo di bilanci‘ (anche offese pesanti ma lasciamo stare), quindi mi sento di dover fare delle precisazioni.
Inizio inserendo il link di Matthew Fairbrother, il ragazzo che è partito da solo in autonomia per seguire la EWS a nemmeno 18 anni (ecco il collegamento all’articolo). Ok, questo è l’estremo, così non si vince ma l’attitudine è quella giusta.

Ho molti anni di agonismo alle spalle, in cui ho visto rider di altissimo livello fare la colletta per tornare a casa dopo un paio di mesi di trasferte fatte in camper. Ho visto le gemelle Gehrig dormire in furgone, Sabrina Jonnier, all’epoca campionessa in Africa di DH e atleta Iron Horse dormire in tenda ai bordi della strada a Sestola prima di vincere la gara. Ricordo un giovane Brendan Fairclough a Sanremo arrivare come uno zingaro con la sua Orange, fare la gara di sgommate tutta la sera per consumare bene il copertone, correre con la forcella tenuta assieme con il nastro americano perché si era bucato il fodero e arrivare secondo dietro ad un certo Barel.


ITALIANI NEL MONDO
I team internazionali faticano a supportare i rider italiani, questo è un fatto, forse perché il nostro mercato non è abbastanza attrattivo, oppure perché il profilo dei nostri atleti è troppo nazionale per loro, magari perché non sono abbastanza veloci… forse un po’ tutte le cose!
La FCI non ha un progetto per il Gravity, vero, se guardiamo ai risultati del Canada è probabile che dietro al numero di giovani che stanno emergendo ci sia anche una strategia federale, ma qui si entrerebbe in un ginepraio da cui non se ne uscirebbe.
Il ruolo di un media è anche quello di fotografare la situazione: nel Cross Country abbiamo rider di altissimo livello internazionale, come pure nelle Marathon. La campionessa mondiale XCE è italiana, nella DH abbiamo due ragazze in team ufficiali e alcuni rider capaci di risultati importanti come il 6° posto di Revelli e i risultati importanti di Davide Capello.


Nell’enduro al netto della costante crescita di Sophie Riva e dei buoni risultati di Gloria Scarsi, per il resto c’è il vuoto. Spiace che qualcuno si senta offeso, ma il livello di riferimento per giudicare la salute agonistica di un movimento sono il numero e la qualità delle gare organizzate, il bacino di giovani e i risultati internazionali: i primi due punti sono positivi, il terzo no.
